Arrampicata Sportiva alle Olimpiadi: L’utopia delle discipline combinate
L’arrampicata sportiva ha finalmente trovato il suo spazio all’interno dei Giochi olimpici. Tuttavia il mondo che si cela all’interno di questo sport è più vasto di quanto si possa immaginare. Le competizioni di arrampicata sportiva, infatti, comprendono tre specialità, del tutto diverse tra loro: Boulder, Lead e Speed.
Queste competizioni si svolgono esclusivamente indoor, quindi su pareti artificiali.
Per le future Olimpiadi si è scelto di adottare una combinazione delle tre discipline: ogni atleta dovrà gareggiare in ognuna di esse e la classifica unica sarà stilata in base ai risultati delle tre prove.
Il Boulder si svolge su pareti basse (circa 2 metri), il che implica difficoltà molto elevate, concentrate in pochi movimenti. Solitamente si hanno 4 o 5 minuti per risolvere un blocco ed arrivare al top (la presa finale). Questa modalità di svolgimento permette all’atleta di effettuare qualche tentativo, pertanto si deve mostrare una grande capacità di adattamento alla situazione, grazie a una giusta interpretazione e un’eventuale modificazione dei movimenti da eseguire. Il tutto non può prescindere da un’ottima tecnica e condizione fisica (che in questo caso comprende un basso rapporto peso potenza, un’elevata forza relativa in tutti i distretti muscolari interessati e nella maggior parte dei casi un’ottima mobilità).
Le competizioni Lead sono invece svolte su pareti molto più alte (20/25 metri) e simulano l’arrampicata in falesia (su roccia). Si utilizza una corda per l’assicurazione in caso di caduta ma non può essere utilizzata come ausilio per l’ascesa. In questo caso l’atleta ha a disposizione un solo tentativo per arrivare più in alto possibile (preferibilmente al top) nel minor tempo. Le capacità richieste dal punto di vista condizionale sono sicuramente una maggiore resistenza aerobica e lattacida (in particolare per quanto riguarda i muscoli flessori delle dita e del carpo), ma restano di fondamentale importanza le capacità tattiche e strategiche abbinate ad una buona tecnica.
Si può concludere che in queste due specialità prevalgano le “open skills”, come capacità di adattamento ed improvvisazione di fronte a difficoltà che non sempre sono prevedibili, ma solo immaginabili, e che possono essere affrontate in molti modi diversi anche a seconda delle proprie caratteristiche.
La terza disciplina (speed) è completamente differente.
L’obiettivo è scalare nel minor tempo un tracciato preparato e già noto, chiaramente senza cadere. Il tempo impiegato dagli atleti d’élite è poco maggiore di 5 secondi. Ovviamente il modello di prestazione di questa categoria non si avvicina affatto ai due precedenti: Il metabolismo utilizzato è esclusivamente anaerobico-alattacido, la forza esplosiva è di fondamentale importanza, così come le abilità “closed skill” e l’ottimizzazione di ogni movimento. Si potrebbe paragonare la disciplina speed ai 100m piani dell’atletica leggera.
Ne deriva che gli atleti di ogni disciplina hanno fisicità e modalità di allenamento diverse. Tutti necessitano di una bassa percentuale di massa grassa, perché si lotta contro la gravità. Ma nel bouldering, e ancora più nel lead , ad esempio, si cerca di evitare l’ipertrofia, dal momento che per quanto ogni muscolo sia coinvolto nei vari gesti atletici, il peso che ne deriva grava sulle dita e sulle articolazioni, già sottoposte a forte stress.
Nello speed, invece, le prese sono migliori (poiché non è in questo aspetto che risiede la difficoltà della prova), e l’arto inferiore assume un ruolo fondamentale al fine della propulsione verso l’alto. Ecco perché questi atleti sono solitamente caratterizzati da una maggiore massa muscolare.
Chiedere ad atleti di discipline così diverse di partecipare ad una gara combinata è sicuramente una scelta azzardata, nonostante sia una soluzione valida per far approdare questo sport alle olimpiadi.
Tuttavia a causa di questa modalità, adottata anche nelle selezioni, e degli algoritmi, molti atleti validi ma specializzati in una disciplina, tra i più forti al mondo (come Stefano Ghisolfi) non avranno la possibilità di partecipare.
Ne risulta che, purtroppo, le prossime olimpiadi non rifletteranno a pieno quello che è il vero mondo dell’arrampicata sportiva. Giorgia Monacelli